Napoli, 13 ottobre 2011 – Ventimila punti vendita per un giro d’affari di circa sette milioni di euro. Sono i numeri del boom dei “Compro Oro”, spuntati come funghi e tanto rapidamente da aver portato le prefetture a monitarne il fenomeno. Solo tra Napoli e Caserta se ne contano centinaia, spesso addirittura nella stessa strada. Esercizi commerciali il cui numero è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi due anni. Di pari passo con la crisi economica ed il conseguente impoverimento dell’Italia. Più trenta percento solo a Napoli. Ce n’è quanto basta per avviare uno studio, commissariato dalle prefetture campane agli organi di polizia, per individuare possibili collegamenti tra le rivendite di oro usato e le attività di riciclaggio gestite dalla criminalità organizzata. Usura, ricettazione e frode fiscale. Lavanderie che riciclano denaro sporco in un batter d’occhio. Anche perché per aprire un “Compro Oro” non è necessaria alcuna specializzazione, ma solo la fedina penale pulita. Gli operatori, inoltre, non sono tenuti a segnalare alle autorità antiriciclaggio le compravendite superiori a 12.500 euro alimentando così un mercato che si basa sulla garanzia dell’anonimato. La compravendita di preziosi è comunque il solo settore in costante crescita. Federconsumatori lancia l’allarme: a Napoli, nel 2010, hanno chiuso quasi 5.000 negozi. Colpa, nella maggior parte dei casi, del caro fitti. E così l’Associazione dei consumatori e Confcommercio Napoli mettono in campo una serie di iniziative per bloccare e calmierare i prezzi dei beni di prima necessità. Lo scopo è quello di evitare che le famiglie napoletane continuino a perdere il potere d’acquisto.
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